Due decreti interministeriali obbligano il produttore ad indicare l’origine delle materie prime della pasta e del riso. In un prossimo futuro, dovrebbe entrare in vigore un regolamento europeo che annullerà i decreti italiani e che potrebbe essere considerato un passo indietro rispetto alla situazione normativa attuale italiana.
Grazie a due decreti interministeriali (MiPAAF e MiSE) dal 16 e dal 17 Febbraio, in Italia, esiste l’obbligo di indicare l’origine delle materie prime della pasta e del riso. I decreti avviano una sperimentazione per due anni, come prescritto per latte e derivati.
Il decreto grano/pasta prevede che le confezioni di pasta secca prodotte in Italia abbiano l’indicazione di origine nel seguente modo:
- Paese di coltivazione del grano: nome del Paese nel quale il grano viene coltivato;
- Paese di molitura: nome del Paese in cui il grano è stato macinato. Se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: Paesi UE, Paesi NON UE, Paesi UE E NON UE;
- Se il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo Paese, come ad esempio l’Italia, si potrà usare la dicitura: “Italia e altri Paesi UE e/o non UE.
Il decreto riso prevede che sull’etichetta del riso devono essere indicati:
- Paese di coltivazione del riso;
- Paese di lavorazione;
- Paese di confezionamento.
Se le tre fasi avvengono nello stesso Paese è possibile utilizzare la dicitura “Origine del riso: Italia”.
Anche per il riso, se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi possono essere utilizzate per l’indicazione di origine le seguenti diciture: Paesi UE, Paesi non UE, Paesi UE e non UE.
Nei prossimi 16 aprile e 11 giugno si dovrebbero svolgere due discussioni dell’esecutivo UE dedicate al Regolamento sull’indicazione dell’origine delle materie prime in etichetta a livello europeo. Il regolamento europeo se entrerà in vigore così come descritto nella bozza, annullerà i decreti italiani e potrebbe essere considerato un passo indietro rispetto alla situazione normativa italiana attuale. Ad esempio: un pacco di pasta lavorata in Italia dovrà indicare anche l’origine del grano, se questo proviene dal Canada come per tutti gli altri alimenti. A prima vista sembra cambiare poco rispetto ai decreti voluti dal ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina, ma l’obbligo non varrà per le indicazioni geografiche protette Dop e Igp e, soprattutto, non si applicherà ai marchi registrati che, a parole o con segnali grafici, indicano già di per sé la provenienza del prodotto. Una possibilità che spalanca le porte a tutte quelle aziende che fanno dell’italian sounding il proprio cavallo di battaglia: basterà avere un marchio registrato con una bandiera tricolore o un richiamo al nostro Paese per essere esentati dall’obbligo di indicare l’origine dell’ingrediente principale. Questo problema di trasparenza già esiste negli altri Paesi dell’Unione, dove i consumatori fanno fatica a capire che un prodotto “simil-italiano” è in realtà fabbricato all’estero. Tra pochi mesi, però, l’italian sounding potrebbe ingannare gli stessi italiani perché nel nostro Paese le etichette faranno un passo indietro dal punto di vista della chiarezza dell’origine delle materie prime.